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Italia, la Consulta riconosce gli interessi dei malati contrari al suicidio Italia, la Consulta riconosce gli interessi dei malati contrari al suicidio 

Italia, la Consulta riconosce gli interessi dei malati contrari al suicidio

Quattro malati in condizioni irreversibili chiedono alla Corte Costituzionale di non modificare i requisiti per l’accesso al suicidio assistito, stabiliti dalla stessa Consulta con una sentenza nel 2019: “Vogliamo più cure e sostegno dallo Stato, non una pistola carica sul comodino”. La Consulta ha riconosciuto le loro ragioni prima di decidere su un'eventuale modifica dell’articolo 580 del Codice penale che punisce l'aiuto al suicidio. L'avvocato Leotta: chiedono di essere aiutati e curati

Marco Guerra – Città del Vaticano

La Corte Costituzionale ha riconosciuto che i malati contrari ad un allargamento della disciplina sul suicidio assistito sono portatori di un interesse nel giudizio di costituzionalità sull’articolo 580 del Codice penale, nella parte in cui punisce l’aiuto al suicidio della persona capace di decisioni libere e consapevoli, affetta da patologia irreversibile e da sofferenze intollerabili, ma senza trattamento di sostegno vitale. Si tratta di un primo importante risultato che serve a dare voce a quanti chiedono di vivere e di essere curati, a rappresentare le istanze e i bisogni di milioni di malati che chiedono di non essere messi davanti una scelta dettata dalla sofferenza e a mettere in luce la posizione di tutti coloro che vogliono evitare una deriva mortifera della legislazione che indebolisca il valore intrinseco della vita.

Questione sollevata dal tribunale di Milano

La questione di costituzionalità sollevata da Tribunale di Milano, chiamato a decidere su Marco Cappato indagato per aver portato due persone a morire in Svizzera, verte sul fatto che la non punibilità di chi agevola l’altrui suicidio sia subordinata alla necessità del trattamento vitale, che è uno dei requisiti indispensabili – stabiliti da una sentenza del 2019 della stessa Consulta - insieme alla piena consapevolezza del malato che ne fa richiesta, alla irreversibilità della patologia e alla presenza di dolore fisico o psichico non più sopportabile. Questi quattro requisiti devono verificarsi tutti insieme per poter accedere al suicidio assistito. Ora i giudici milanesi, in pratica, chiedono alla Consulta di eliminare il paletto del supporto vitale – sono considerati tali anche un semplice catetere vescicale o un sondino naso gastrico – perché limiterebbe la libertà di quanti soffrono, anche in uno stato non terminale della vita, e chiedono aiuto per darsi la morte.

Riconoscere la dignità di ogni vita

Da una parte c’è, quindi, chi vuole offrire la possibilità della morte a chiunque si senta sopraffatto dalla sofferenza di una malattia, anche se in grado di vivere senza supporti vitali; dall’altra, ci sono i signori Russo, Mongiano, Moscon e P.F. malati affetti da patologie irreversibili, non sottoposti a trattamento di sostegno vitale, che, rappresentando una sensibilità diffusa, chiedono alla Corte Costituzionale di “non mettere una pistola carica nelle mani dei malati” e allo Stato di riconoscere l’importanza di ogni vita e di non fare affidamento solo sulla volontà del persona piegata da un momento di debolezza. In questa cornice, la Consulta ha ammesso quindi al giudizio le ragioni a sostegno di una sentenza di inammissibilità o infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale sull’aiuto al suicidio.

Avvocatura stato sostiene posizione dei malati

La sentenza sulla legittimità del requisito del sostegno vitale arriverà nelle prossime ore o nei prossimi giorni ma intanto i malati contrari ad un’estensione del suicidio assistito possono segnare un punto a loro favore, come spiegano gli avvocati Mario Esposito e Carmelo Leotta che assistono i quattro intervenuti presso la Corte Costituzionale. “L'ordinanza ammissiva della Corte Costituzionale, al di là di quella che sarà la decisione sulla questione di legittimità costituzionale, rappresenta un segnale di lodevole attenzione da parte della Corte nella rappresentazione in giudizio degli interessi dei malati contrari al suicidio assistito” spiegano i due legali in una nota. “Intervenuti manifestano altresì apprezzamento perché nel corso dell'udienza la loro richiesta di intervento è stata sostenuta dall'Avvocatura dello Stato – si legge ancora nel comunicato - parimenti manifestano apprezzamento per la scelta della difesa dell'indagato Marco Cappato che non si è opposta all'intervento dei malati contrari al suicidio assistito”.

Ascolta l'intervista all'avvocato Carmelo Leotta

Leotta: proteggere le persone vulnerabili

Parlando ai media vaticani, l’avvocato Leotta spiega che la sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale ha posto delle condizioni ben precise per la non punibilità dell’aiuto al suicidio, che resta un reato, “proprio per proteggere le persone vulnerabili e non di limitare la loro libertà”. Leotta ricorda poi che Corte ha chiarito con la sentenza 135 del 2024 che un trattamento è indispensabile per lo svolgimento delle funzioni vitali quando interrompendo il quale la persona muore a breve tempo. “Togliendo questo requisito – evidenzia il legale – qualsiasi malato affetto da una patologia irreversibile potrebbe accedere al suicidio appena si verifica un momento di sconforto considerato non più tollerabile”. L’avvocato Leotta ci tiene a specificare i suoi assistiti chiedono allo Stato di non essere messi nella condizione di scegliere per la morte. “I malati che rappresento non vogliono meno libertà – conclude Leotta – ma una libertà diversa, quella di essere aiutati e curati, il loro è un appello per avere una libertà dal dolore, dalla solitudine e dall’abbandono terapeutico, chiedono una libertà che non è contro la vita ma per la tutela integrale della persona”.

Russo: il suicidio è una scelta viziata dall’abbandono

“Essere messa in condizione di scegliere per la vita” è proprio quanto chiede, ancora ai media vaticani, Maria Letizia Russo, una dei quattro malati che oggi la Corte Costituzionale ha ammesso come parte interessata: “Ho un interesse qualificato in quanto malata, il mio interesse è mantenere la norma così com'è con i paletti di protezione che la stessa Corte Costituzionale ha fissato”. “Vorrei che la Corte e lo Stato mi dicessero la tua vita è importante anche così – prosegue Maria Letizia – sarebbe un segnale incoraggiante, perché la volontà di suicidarsi in alcune situazioni è viziata dalla fragilità del soggetto che soffre e che si sente abbandonato”. Russo teme inoltre quello che definisce “un piano inclinato pericoloso” che può portare verso l’abbandono terapeutico da parte della sanità pubblica, che si sentirebbe legittimata ad indicare l’opzione del suicidio ai soggetti più sofferenti. Quasi come a dire, ti offro la possibilità di ucciderti ma non di curarti. “Non tutti possono guarire – riflette ancora Maria Letizia Russo - ma tutti possono essere curati, invece se continuiamo ad allargare le maglie del suicidio si abbandona la persona alla sua capacità di resistenza”.
 

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